Ricerca e tipizzazione papilloma virus (HPV)
Il virus del papilloma umano, noto con la sigla HPV, è l’agente responsabile delle comuni verruche.
Solo una quindicina di ceppi possono infettare l’uomo; suddivisi a loro volta in ceppi a basso rischio, i quali se non debellati dal sistema immunitario possono portare a formazione di verruche, e ceppi cosiddetti ad alto rischio che, in particolari stati dell’ospite (sopratutto infezioni ripetute o continue, lunga persistenza di infezione…) possono dare alterazioni a livello del tessuto infettato.
Quali sono questi tessuti?
Una delle caratteristiche virali è di non potersi replicare autonomamente, per mancanza di componenti cellulari atti allo scopo, ma di dover utilizzare, a proprio vantaggio, meccanismi della cellula infettata in divisione.
Nella specie umana, un tessuto in continua maturazione o trasformazione è l’epitelio della cervice uterina. Queste varie considerazioni, supportate da anni di studi in tal senso, hanno portato ad una fondamentale scoperta: tutte le lesioni displastiche a livello dell’epitelio della cervice uterina, per intenderci quelle che si evidenziano tramite paptest, sono provocate dal virus HPV!
In altre parole il paptest, metodo messo a punto dal Dott. George Papanicolaou nel 1941 e che è stato di fondamentale importanza nella lotta contro i tumori, è un’analisi basata sulla morfologia cellulare atta ad evidenziare i vari livelli di infezione da HPV.
A questo punto il cerchio potrebbe essere considerato chiuso se non intervenissero problemi di sensibilità analitica. E’ noto infatti che il paptest, considerato a tutti gli effetti un’indagine prettamente morfologica, può contenere informazioni con una percentuale di falsi negativi in ragione del 20-40% ed un 5-10% di falsi positivi. Questo è dovuto al fatto che il prelievo del campione, l’allestimento del preparato e la seguente lettura al microscopio vengono condotte manualmente; in particolare quest’ultima presenta un’importante quota di soggettività analitica. Infatti il falso negativo origina normalmente da un prelievo non corretto o da una non evidente alterazione cellulare dovuta ad uno stato iniziale di infezione da HPV; stato nel quale il virus, pur essendo presente nella cellula, non ha ancora indotto le classiche modificazioni cellulari. Il falso positivo nasce sia da alterazioni provocate da ceppi virali a basso rischio, quindi oncologicamente irrilevanti, sia da infezioni virali in fase iniziale o di regressione: il virus è morto ed ha lasciato la “casa vuota”!
A questo proposito l’esperienza circa il meccanismo di infezione virale da HPV è unica nel suo genere! Infatti mentre per altri virus (herpes, epatiti, HIV….) si analizza principalmente il rapporto diretto tra malattia – infezione, per l’HPV vengono studiati essenzialmente i meccanismi precoci di contagio ossia quando non esiste ancora una vera e propria patologia.
In altre parole l’HPV viene utilizzato al meglio come pura strategia preventiva!
La recente letteratura mondiale riferisce che il 100% dei tumori al collo dell’utero risulta positivo a ceppi HPV ad alto rischio.
Viene spontanea, a questo punto, una domanda: tutte le infezioni da HPV ad alto rischio progrediscono a lesioni precancerose? La risposta è assolutamente NO!
Dati recenti di epidemiologia riferiscono che l’incidenza del tumore alla cervice, in molte regioni italiane, è di 6 donne colpite su 100.000; per contro le infezioni da HPV risultano circa del 5 per 1000. Se si tiene conto che per queste ultime il 60% sono rappresentate da ceppi HPV a basso rischio, quindi oncologicamente trascurabili, rimane una quota del 2 per 1000 (ossia 200 donne su 100.000) a potenziale rischio! Un banale calcolo ci dice che, grazie alle strategie preventive e terapeutiche attuali ed al sistema immunitario dell’individuo, il 99,97% delle infezioni regrediscono completamente.
E’ chiaro che se l’obiettivo ultimo riguarda l’azzeramento di tale malattia (come è avvenuto ad esempio in certi paesi del nord Europa) bisognerà sommare alle attuali strategie un test diagnostico – preventivo altamente sensibile. La sensibilità analitica del test HPV, eseguito con tecniche di biologia molecolare, si attesta infatti su valori vicini al 100%.
Doveroso riportare che l’infezione HPV si contrae essenzialmente tramite rapporti sessuali a “rischio” (occasionali, non protetti, multipartner, ecc…)
Il messaggio però è uno solo: la ricerca virale dell’HPV non deve spaventare l’opinione pubblica in quanto si tratta di un’indagine rivolta principalmente allo studio delle fasi iniziali di una lesione per la quale esistono valide e sicure strategie terapeutiche a tutto vantaggio della qualità di vita della donna.
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