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HPV Test – Il Papilloma virus

Ricerca e tipizzazione papilloma virus (HPV)

Il virus del papilloma umano, noto con la sigla HPV, è l’agente responsabile delle comuni verruche.

papilloma virusE’ un virus ubiquitario  e si presenta sotto forma di numerosi ceppi (più di 100!), alcuni dei quali infettano solo l’uomo mentre altri solo gli animali. E’ presente nel nostro ecosistema da circa 280 milioni di anni ed ha sviluppato un meccanismo cellulare molto semplice e tutto sommato facilmente aggredibile. Infatti esso vive solo su mucose ricche di ossigeno, ha un potere antigenico molto scarso ossia non induce, se non in rarissimi casi, la produzione di anticorpi in seguito ad infezione della cellula ospite: meccanismo questo che dipende dalla carica virale in competizione con oncosoppressori in particolare il p53.

Solo una quindicina di  ceppi possono infettare l’uomo; suddivisi a loro volta in ceppi a basso rischio, i quali se non debellati dal sistema immunitario possono portare a formazione di verruche, e ceppi cosiddetti ad alto rischio che, in particolari stati dell’ospite (sopratutto infezioni ripetute o continue, lunga persistenza di infezione…) possono dare alterazioni a livello del tessuto infettato.

Quali sono questi tessuti?

Una delle caratteristiche virali è di non potersi replicare autonomamente, per mancanza di componenti cellulari atti allo scopo, ma di dover utilizzare, a proprio vantaggio, meccanismi della cellula infettata in divisione.

Nella specie umana, un tessuto in continua maturazione o trasformazione è l’epitelio della cervice uterina. Queste varie considerazioni, supportate da anni di studi in tal senso, hanno portato ad una fondamentale scoperta: tutte le lesioni displastiche a livello dell’epitelio della cervice uterina, per intenderci quelle che si evidenziano tramite paptest, sono provocate dal virus HPV!

In altre parole il paptest, metodo messo a punto dal Dott. George Papanicolaou nel 1941 e che è stato di fondamentale importanza nella lotta contro i tumori, è un’analisi basata sulla morfologia cellulare atta ad evidenziare i vari livelli di infezione da HPV.

A questo punto il cerchio potrebbe essere considerato chiuso se non intervenissero problemi di sensibilità analitica. E’ noto infatti che il paptest, considerato a tutti gli effetti un’indagine prettamente morfologica, può contenere informazioni con una percentuale di falsi negativi in ragione del 20-40% ed un 5-10% di falsi positivi. Questo è dovuto al fatto che il prelievo del campione, l’allestimento del preparato e la seguente lettura al microscopio vengono condotte manualmente; in particolare quest’ultima presenta un’importante quota di soggettività analitica. Infatti il falso negativo origina normalmente da un prelievo non corretto o da una non evidente alterazione cellulare dovuta ad uno stato iniziale di infezione da HPV; stato nel quale il virus, pur essendo presente nella cellula, non ha ancora indotto le classiche modificazioni cellulari. Il falso positivo nasce sia da alterazioni provocate da ceppi virali a basso rischio, quindi oncologicamente irrilevanti, sia da infezioni virali in fase iniziale o di regressione: il virus è morto ed ha lasciato la “casa vuota”!

A questo proposito l’esperienza circa il meccanismo di infezione virale da HPV è unica nel suo genere! Infatti mentre per altri virus (herpes, epatiti, HIV….) si analizza principalmente il rapporto diretto tra malattia – infezione, per l’HPV vengono studiati essenzialmente i meccanismi precoci di contagio ossia quando non esiste ancora una vera e propria patologia.

In altre parole l’HPV viene utilizzato al meglio come pura strategia preventiva!

La recente letteratura mondiale riferisce che il 100% dei tumori al collo dell’utero risulta positivo a ceppi HPV ad alto rischio.

Viene spontanea, a questo punto, una domanda: tutte le infezioni da HPV ad alto rischio progrediscono a lesioni precancerose? La risposta è assolutamente NO!

Dati recenti di epidemiologia riferiscono che l’incidenza del tumore alla cervice, in molte regioni italiane, è di 6 donne colpite su 100.000; per contro le infezioni da HPV risultano circa del 5 per 1000. Se si tiene conto che per queste ultime il 60% sono rappresentate da ceppi HPV a basso rischio, quindi oncologicamente trascurabili, rimane una quota del 2 per 1000 (ossia 200 donne su 100.000) a potenziale rischio! Un banale calcolo ci dice che, grazie alle strategie preventive e terapeutiche attuali ed al sistema immunitario dell’individuo, il 99,97% delle infezioni regrediscono completamente.

E’ chiaro che se l’obiettivo ultimo riguarda l’azzeramento di tale malattia (come è avvenuto ad esempio in certi paesi del nord Europa) bisognerà sommare alle attuali strategie un test diagnostico – preventivo altamente sensibile. La sensibilità analitica del test HPV, eseguito con tecniche di biologia molecolare, si attesta infatti su valori vicini al 100%.

Doveroso riportare che l’infezione HPV si contrae essenzialmente tramite rapporti sessuali a “rischio” (occasionali, non protetti, multipartner, ecc…)

Il messaggio però è uno solo: la ricerca virale dell’HPV non deve spaventare l’opinione pubblica in quanto si tratta di un’indagine rivolta principalmente allo studio delle fasi iniziali di una lesione per la quale esistono valide e sicure strategie terapeutiche a tutto vantaggio della qualità di vita della donna.

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