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QF-PCR

Che cos’è la QF-PCR

Si definisce QF-PCR (ovvero Quantitative Fluorescent Polymerase Chain Reaction) quella tecnica relativa alla biologia molecolare che, in fatto di diagnosi prenatale, si sta rivelando di enorme successo nel settore diagnostico.

La particolarità della tecnica innovativa in oggetto, rispetto alle tecniche diagnostiche tradizionali, sta soprattutto nell’affidabilità e nell’efficacia anche in caso di scarso materiale, come avviene ad esempio nelle diagnosi preimpianto dopo la fecondazione assistita. Infatti, è proprio grazie a questa tecnica che esami come la villocentesi e l’amniocentesi possono essere seguiti da valutazioni anche dopo 48 ore.

Furono dei ricercatori capeggiati da uno studioso italiano, Matteo Adinolfi, a mettere a punto questa metodologia: i ricercatori dell’University College of London diretti prepararono questa tecnica negli anni 90, seguiti a ruota da paesi come Spagna, Germania, Francia, Austria ed Inghilterra, nei quali il consenso circa questa tecnica è nettamente aumentato.

Cosa sono le cromosomopatie fetali

Per cromosomopatia ci si riferisce a una qualsiasi alterazione (sia numerica che strutturale) correlata con una evidente e documentata patologia che interessi uno dei quarantasei cromosomi di quello che è il patrimonio genetico della specie umana. Il termine scientifico utilizzato per definire questa patologia è: ANEUPLOIDIA.

Le più importanti aneuploidie (che sono il 95-98% del totale) a livello fetale interessano nello specifico i cromosomi 21, 18, 13, X ed Y. I primi tre cromosomi possono produrre ad un corredo cromosomico soprannumerario che prende il nome di trisomia. Queste patologie vengono comunemente definite sindromi e, nello specifico,  la sindrome di Down corrisponde alla trisomia del cromosoma 21, quella del cromosoma 18 è denominata sindrome di Edwards e quella del cromosoma 13 la sindrome di Patau.

Andando invece nello specifico per quanto riguarda i cromosomi sessuali, X ed Y, la situazione è differente. In questi casi l’aberrazione non corrisponde a una vera e propria trisomia, piuttoso alla perdita o l’aggiunta di uno dei due cromosomi rispetto all’assetto normale XY che caratterizza il sesso maschile od XX che invece è proprio di quello femminile. Si vengono così a determinare degli assetti cromosomici atipici, come ad esempio la monosomia del cromosoma X, detta anche sindrome di Turner, oppure XXY sindrome di Klinefelter, XXX ed XYY.

Tra le aneuploidie sopra descritte, le trisomie 21, 18 e 13 sono senz’altro quelle maggiormente responsabili di malformazioni fetali che portano a gran parte degli aborti precoci ossia durante il primo trimestre di gravidanza. In alcuni casi le gravidanze con feti affetti da trisomia 21 possono procedere nel corso dell’età gestazionale e portare alla nascita di neonati affetti da sindrome di Down.

Per questi tre cromosomi l’epidemiologia risulta la seguente:

CromosomaPrevalenza alla nascitaProbabilità di sopravvivenza
Trisomia 211:80022%
Trisomia 181:75005,4%
Trisomia 131:150002,8%

Ciò che oggi sappiamo con certezza è che in funzione dell’età dei genitori (e principalmente della madre) la possibilità di concepire un embrione colpito da una delle sindromi più importanti (come la sindrome di Down) può aumentare proporzionalmente proprio all’età anagrafica soprattutto della madre. In particolare nella citata sindrome di Down, il rischio di concepire un figlio interessato da questa patologia è molto elevato se la gravidanza avviene oltre i 20 anni (con un rischio di 1 gravidanza su 100). Un fenomeno di grande risonanza principalmente a livello etico e sociale, anche perché, anche a seguito di un cambiamento notevole negli stili di vita, l’età media del primo parto è aumentata di molto (trent’anni fa essa si aggirava intorno ai 20-21, mentre al giorno d’oggi si parla di 29-30 anni).

Cosa sono i test biochimici: Test di Wald, Tritest, Combinato ed Integrato

Da alcuni anni, e tutte la donne che abbiano partorito negli ultimi tempi ne sono al corrente, esistono diverse pratiche consolidate per la prevenzione e la diagnosi di tali sindromi. Iniziando da quelle non invasive, ossia che non intervengono direttamente sul feto, esiste un’indagine chiamata Tri-test o test di Wald la quale consiste in un prelievo di sangue materno intorno alla 16° settimana di gestazione che fornisce un rischio statistico circa lo stato di salute del feto nei confronti delle sindromi sopra citate (essenzialmente la sindrome di Down ed Edwards). Come per la maggior parte dei test statistici e quindi non diagnostici, l’indagine non fornisce solo un aumento di rischio nei confronti delle cromosomopatie; possono infatti esistere situazioni di falsa positività e di falsa negatività. Per ridurre quest’ultima condizione a valori che si aggirino intorno al 1 per 3000 (ossia una paziente su tremila con un test negativo può partorire un neonato con patologia cromosomica) vengono applicati sistemi di calcolo statistico che aumentano necessariamente la quota di falsi positivi. In linea di massima il Trit-test ha una probabilità di evidenziare una trisomia 21 con una precisione di 1 caso su 60-65 test positivi. In totale la sensibilità nei confronti della Sindrome di Down è del 85-87%. Nell’eventualità che il Tri-test risulti positivo una gravida può sottoporsi ad indagini diagnostiche invasive come per esempio l’amniocentesi, prelievo transaddominale di liquido amniotico, oppure continuare la gravidanza senza ulteriori accertamenti. Occorre segnalare che negli ultimi anni le indagini ecografiche hanno raggiunto un grado di attendibilità molto elevato nei confronti di molte anomalie cromosomiche. Ad esempio l’introduzione della misura della translucenza nucale (NT) affiancata dal Test Combinato (un “Tri-test” precoce) ha permesso di procedere ad indagini prenatali mediante prelievo di villi coriali in maniera mirata entro la 12° settimana di gestazione.

Esiste infine la possibilità per una gravida di sottoporsi al test integrato, ossia Test Combinato (precoce) e Tri-test (tardivo); in questi casi la sensibilità o “detection rate” nei confronti della Sindrome di Down è superiore al 95%.

Rimane comunque da ricordare che, per le gravide di età superiore ai 35 anni, il Servizio Sanitario Nazionale dà la possibilità di ricorrere, con esenzione dal pagamento del ticket, all’amniocentesi. Tramite quest’ultima è possibile, mediante l’analisi citogenetica o cariotipo, verificare l’intero assetto cromosomico del feto e quindi escludere o confermare eventuali anomalie. In breve la tecnica citogenetica comporta una messa in coltura delle cellule amniotiche di provenienza fetale (amniociti) presenti in almeno 25-30 ml di liquido amniotico. Una volta raggiunta una quantità sufficiente di cellule (normalmente 7-8 giorni di coltura) esse vengono trattate in modo da evidenziarne i cromosomi i quali vengono colorati e letti al microscopio. Ogni lettura comporta poi una ricostruzione delle 23 coppie di cromosomi che caratterizzano la specie umana. Il responso di normalità sarà quindi: assetto 46, XX per le femmine e 46, XY per i maschi.

I vantaggi di tale metodica è che essa fornisce la quasi totalità delle anomalie cromosomiche a fronte però di un’indagine ancora laboriosa e quindi dispendiosa. Inoltre i tempi di attesa per il risultato si aggirano dai 15 ai 30 giorni.

Come si esegue la QF-PCR

Al fine di ridurre tali tempi di attesa che per una donna in gravidanza costituiscono oggetto di ansietà e stress non indifferente, un gruppo di genetisti inglesi ha messo a punto una tecnica che permette di definire lo stato dei cromosomi 21, 18, 13, X ed Y.

La tecnica utilizza un principio analitico denominato QF-PCR (Quantitative Fluorescent – Polymerase Chain Reaction). Essa si basa sull’amplificazione genica abbinata alla possibilità di riconoscere anche minime variazioni del DNA contenuto nel campione sottoposto all’indagine. Questo metodo applicato alle cellule del liquido amniotico, villi coriali e sangue fetale permette di definire l’esatto assetto del DNA dei cromosomi presi in considerazione.

La tecnica prevede un’estrazione di DNA a partire da materiale di origine fetale. Per quanto riguarda il liquido amniotico si parte da piccole quantità, normalmente 2-3 ml, in quanto la concentrazione di amniociti o cellule di origine fetale si aggira, tra la 12° e 18° settimana, a valori di 20.000/50.000 cellule/ml. Il DNA estratto per semplice bollitura viene sottoposto ad amplificazione genica a cicli controllati utilizzando inneschi derivati da sequenze microsatellitari (le stesse che vengono utilizzati per le indagini di tipo forense) specifiche per i cromosomi 21, 18, 13, X ed Y. In particolare vengono utilizzati i seguenti microsatelliti cromosoma specifici denominati STR (Short Tandem Repeat).

La tabella 2 riporta gli STR utilizzati per la QF-PCR (certificata IVD/CE):

Gli amplificati ottenuti vengono rivelati mediante elettroforesi capillare utilizzando l’ABI PRISM Applied Biosystems (310, 3100, 3130).

Il tempo che intercorre tra il ricevimento del campione ed il risultato analitico è di circa 3 ore!

I tracciati che si ottengono, per ogni microsatellite, in caso di un assetto cromosomico normale sono 2 picchi di uguale area ed altezza. In caso di trisomia si possono verificare 2 differenti situazioni: presenza di 3 picchi per la trisomia triallelica o 2 picchi con rapporto aree 1:2 per la trisomia diallelica.

Per quanto riguarda i cromosomi sessuali viene impiegata una sequenza relativa al gene dell’amelogenina (AMXY). In questo caso un amplificato con un solo picco di 104 paia di basi indica un assetto cromosomico femminile (XX), mentre 2 prodotti di 104 e 109 paia di basi un assetto maschile (XY). Fig. 1 e 2

(NOTA: le diciture 46, XX e successive si riferiscono al risultato del cariotipo eseguito in maniera tradizionale)
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Fig. 1 Tracciato elettroforetico di microsatelliti previa amplificazione del DNA di un liquido amniotico da feto femmina normale (46,XX). Il primo picco a sinistra è relativo al marker non polimorfo dell’amelogenina (AMXX). Nel caso di sesso fetale femminile il prodotto risulta unico ma la doppia X deve essere confermata dal doppio picco dell’HPRT, X22 e DXYS218 .Per quanto riguarda gli altri microsatelliti il pattern normale, per i microsatelliti relativi ai cromosomi 21, 18 e 13, è rappresentato da 2 picchi uguali come altezza ed area.

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Fig. 2. Stessa situazione descritta in figura 1 per un feto di sesso maschile. Notare il doppio picco di amelogenina AMXY (primo a sinistra) e dell’X22,e DXYS218 ma siglalo picco HPRT.

Per quanto concerne i quadri relativi alle trisomie 21, 18 e 13 i rispettivi grafici sono riportati nelle Fig. 3, 4 e 5

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Fig. 3 Tracciato di un liquido amniotico di un feto maschio affetto da trisomia 21 (47,XY+ 21). Tre satelliti relativi al 21 si presentano in forma triallelica ed uno diallelico.

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Fig. 4 Tracciato di un liquido amniotico di un feto femmina affetto da trisomia 18 (47,XX+ 18). I quattro microsatelliti 18 specifici sono 2 in forma triallelica e 2 trisomici diallelici.

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Fig. 5 Tracciato di un liquido amniotico di un feto maschio affetto da trisomia 13 (47,XY+13). 3 STR in forma trisomica diallelica ed uno triallelico.

La figura 6 mostra un quadro relativo ad un caso di triploidia.

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Fig. 6 Tracciato di un liquido amniotico di un feto triploide (69,XXY). Tutti gli STR in forma trisomica.

Per quanto riguarda le aneuploidie dei cromosomi sessuali, le figure 7, 8, 9 e 10 rappresentano tracciati relativi alla monosomia X, XXY, XYY e XXX rispettivamente.

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Fig. 7 Tracciato di un liquido amniotico di un feto con monosomia X. Notare il singolo picco sia per l’amelogenina (AMX) ed l’HPRT. In questi casi sono necessarie ulteriori indagini per escludere l’omozigosi dell’HPRT generalmente condotte con altri microsatelliti X specifici come: X22, DXYS218, DXS6803, DXS6809, SBMA e DXS8377.

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Fig. 8 Tracciato di un liquido amniotico di un feto con assetto 47,XXY. Notare il rapporto 2:1 dell’amelogenina (AMXY). Notare il doppio picco HPRT e la presenza del microsatellite SRY.

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Fig. 9 Tracciato di un liquido amniotico di un feto con assetto 47,XYY. Notare il rapporto 1:2 dell’amelogenina (AMXY), dell’X22 e DXYS218.

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Fig. 10 Tracciato di un liquido amniotico di un feto con assetto 47,XXX. Notare l’assetto trisomico triallelico dell’X22 ed diallelico con rapporto 1:2 del DXYS218.

Di seguito vengono esposti i risultati ottenuti da 30.000 campioni così distribuiti di indagini prenatali cosi distribuiti:

  • 24.027 liquidi amniotici prelevati da gravide sottoposte ad amniocentesi per età > 35 anni (50%), per test biochimici positivi (38%) e per indicazioni ecografiche di sospetta cromosomopatia,
  • 5318 villi coriali prelevati in seguito ad un riscontro di aumentata NT e/o test combinati positivi
  • 527 tessuti prelevati, in sede autoptica, da feti con previa diagnosi prenatale di aneuploidia (90%) e da aborti spontanei precoci
  • 127 campioni di sangue fetale.
I risultati della QF-PCR comparati con il cariotipo eseguito mediante coltura cellulare sono riassunti nella tabella 3 che segue.

I dati sopra esposti mostrano come la QF-PCR abbia una sensibilità e specificità del 100% nei confronti dei 5 cromosomi ad essa pertinenti. Se si considerano tutti i 46 cromosomi la suddetta metodica non avrebbe rivelato lo 0,2% di anomalie cromosomiche.

La tecnica della QF-PCR presenta inoltre le seguenti particolarità:

  • Necessita di minime quantità di materiale. 2-3 ml di liquido amniotico, 1-2 villi coriali o 0,3 ml di sangue sono sufficienti per la completa esecuzione del test
  • Fornisce, nell’arco delle 24 ore, dati relativi alle aneuploidie 21, 18, 13, X, Y perfettamente correlate con quelle evidenziabili tramite coltura cellulare dove i tempi di attesa sono dell’ordine di 15-20 giorni. Unica particolarita’ e’ la non distinzione tra trisomie libere o da traslocazione sbilanciata.
  • Facilità di esecuzione del test da parte di operatori specializzati nel campo della tecniche di biologia molecolare. Il test comporta pochi passaggi analitici standardizzati; estrazione del DNA, amplificazione e lettura, i primi due sottoposti a stretto e costante controllo di qualità e con la possibilità di una completa automazione.
  • A differenza delle colture cellulari un singolo operatore può eseguire dai 2000 ai 7000 esami all’anno a seconda della strumentazione in dotazione.
  • Costi analitici contenuti. Un calcolo stilato da diversi laboratori riporta un costo complessivo (reagenti, personale, ammortamento della strumentazione) dell’ordine di 25,00 Euro ad esame con un evidente risparmio rispetto alle tecniche tradizionali.

Sulla base di quanto esposto i vantaggi di tale metodica, oltre a quelli di tipo economico, implicano un miglioramento della qualità di vita della gravida.

La possibilità di escludere una patologia cromosomica nell’arco delle 24 ore comporta l’abbattimento totale dell’ansietà materna.

Altro notevole vantaggio risiede nel fatto che, in caso di positività del test, l’intervento terapeutico può essere eseguito precocemente ed in alcuni casi in regime di Day hospital.