La Diagnostica prenatale, un tipo di diagnostica fondamentale nel percorso terapeutico riguardante l’inseminazione artificiale. Per richiedere maggiori informazioni sugli esami di diagnosi prenatale come: Aurora Test, Amniocentesi, Villocentesi, visita la sezione contatti.
Qual è l’obiettivo della diagnosi prenatale?
Proprio attraverso la diagnosi prenatale è possibile prevedere, ma anche diagnosticare e pertanto trattare le patologie o le anomalie del feto.
Di quali patologie o anomalie si interessa la diagnosi prenatale?
L’interesse della diagnosi prenatale è principalmente incentrato su tutte le malformazioni congenite, le infezioni a livello fetale, le anomalie cromosomiche e le patologie genetiche.
TRITEST O TEST DI WALD
La valutazione del rischio per la sindrome di down o trisomia 21.
- La sindrome di Down (DS) o trisomia 21 o mongolismo è una malattia genetica causata dalla presenza di un cromosoma 21 soprannumerario. Il rischio di partorire un figlio affetto da DS non è uguale per tutte la donne ma aumenta con l’età: a 20 anni c’e’ una probabilità ogni 1600 gravidanze, a 30 anni una ogni 900, a 35 anni una ogni 380 ed a 40 anni una ogni 80.
- E’ possibile diagnosticare la DS in epoca prenatale mediante l’esame dei cromosomi (cariotipo mediante coltura cellulare e/o QF-PCR) del feto eseguito su materiale da villocentesi o da amniocentesi (DPN = diagnosi prenatale) ma queste procedure invasive sono associate ad un rischio di aborto che da centro a centro variano dallo 0,5% all’1,5% per il prelievo dei villi coriali dallo 0,2% allo 0,8% per quello di liquido amniotico.
- La Regione Piemonte attualmente fornisce la DPN alle gestanti di 35 anni compiuti al momento della fecondazione.
- Se si eseguono, su un campione di sangue materno prelevato a 16 settimane di gravidanza, i dosaggi di gonadotropina corionica, alfa-fetoproteina ed estriolo libero (parametri classici del Tritest o Test di Wald) è possibile ottenere una valutazione più precisa e personalizzata del rischio di aver concepito un feto affetto da sindrome di Down.
- Il Tritest non è un esame diagnostico: si limita a fornire solo ed esclusivamente una valutazione personalizzata del rischio per DS relativo alla gravidanza in corso. Tra tutte le gestanti il Tritest consente di identificare quelle che risultano avere un rischio uguale o superiore ad 1 su 350, alle quali viene messa a disposizione la DPN.
- La percentuale di falsi positivi varia con l’età della gestante ed è molto bassa per le più giovani (es. 4% a 23 anni) e sale con l’età: 7% a 30 e 21% a 37 anni.
- La probabilità di avere una gravidanza patologica se il Tritest è positivo non è molto alta: solamente 1 gravida su 63 delle DPN eseguite per Tritest positivo evidenzierà un cariotipo con trisomia 21.
- Con questa strategia di screening è possibile identificare il 75% di gravidanze con feto affetto da DS nelle donne di età superiore ai 27 anni ed il 60-65% nelle donne di età inferiore.
- La probabilità di avere una gravidanza patologica se il test è negativo risulta bassa: le statistiche riportano che 1 gravidanza a basso rischio su 3000 esiterà con la nascita di un neonato affetto da DS.
- La valutazione biochimica può individuare anche gravidanze a rischio aumentato per la “spina bifida” e per la trisomia del cromosoma 18. Inoltre un Tritest positivo può talvolta indicare una situazione di insufficienza placentare da valutare con ulteriori accertamenti.
N.B: Una legge matematica che si basa sulla variabilità delle misurazioni e degli errori fa sì che due Tritest eseguiti consecutivamente non esprimano lo stesso livello di rischio.
CROMOSOMI
Cosa sono i cromosomi?
Le cellule contengono DNA, e il DNA è compattato nei cromosomi. La maggior parte delle persone possiede 46 cromosomi e due di questi codificano per il sesso. Le femmine hanno di solito due cromosomi X, mentre i maschi hanno di solito un cromosoma X e un cromosoma Y. Oltre ai due cromosomi sessuali, ci sono nelle cellule 22 coppie di cromosomi detti autosomi, numerate da 1 a 22. I cromosomi non sono sempre visibili nelle cellule, ma soltanto in un breve periodo del processo di divisione cellulare, la metafase.
Che cosa sono le anomalie cromosomiche?
Sono alterazioni del numero (anomalie numeriche o aneuploidie) o della struttura (anomalie strutturali) dei cromosomi. Le più comuni sono le anomalie di numero, in particolare le trisomie, nelle quali è presente un cromosoma soprannumerario in una coppia; ad esempio la sindrome di Down (mongolismo) è causata dalla presenza di un cromosoma 21 in più (trisomia 21).
Ulteriori informazioni sulla diagnosi prenatale
Qual è l’effetto di una anomalia cromosomica?
Le anomalie cromosomiche sono modificazioni della quantità di DNA che deve essere presente in una cellula e in linea di massima si traducono, e in particolare quelle degli autosomi, in gravi danni a livello fisico, mentale e psicomotorio, rendendosi responsabili di tipiche sindromi cliniche.
La diagnosi citogenetica prenatale
Consiste nella determinazione del cariotipo fetale. Le tecniche a disposizione in citogenetica sono l’amniocentesi, la villocentesi e la funicolocentesi (o cordocentesi).
Che cos’è la citogenetica?
È lo studio dei cromosomi. Questo viene effettuato attraverso varie tecniche di bandeggio e di colorazione dei cromosomi (ad es. bandeggio G e FISH).
Che cos’è un cariotipo?
Il cariotipo è l’insieme dei cromosomi presenti nelle cellule di un individuo. L’analisi del cariotipo consiste nella determinazione del corretto numero e della corretta struttura dei cromosomi.
Attraverso le tecniche di bandeggio e colorazione ogni coppia di cromosomi assume un aspetto diverso. Il citogenetista può così esaminare i cromosomi di una persona e stabilire se il numero e la struttura sono corretti.
La citogenetica e la cariotipizzazione vengono utilizzate principalmente in tre ambiti: la diagnosi prenatale, la determinazione del cariotipo dei genitori dal sangue periferico, l’analisi del cariotipo dei prodotti del concepimento abortiti.
FISH
Che cos’è la FISH?
È la sigla di “fluorescent in situ hybridization” (ibridazione fluorescente “in situ”). È una nuova tecnica mediante la quale sonde fluorescenti possono essere attaccate a segmenti di DNA.
Queste sonde fluorescenti, dopo l’ibridazione con il DNA sono visibili al microscopio ottico come puntini colorati sui cromosomi o nel nucleo in interfase (cioè non in divisione).
Quali sono i vantaggi?
Questa tecnica è applicabile sia a cellule in mitosi che a cellule non in mitosi.Quando viene applicata a cellule non in mitosi la lunghezza dei tempi di risposta viene notevolmente abbreviata: nella pratica può essere utilizzata per avere, nel giro di poco tempo, il numero dei cromosomi 21, 13 e 18 e dei cromosomi sessuali, permettendo così di escludere rapidamente le anomalie cromosomiche più frequenti.
In medicina riproduttiva questa metodica viene anche utilizzata per la diagnosi genetica preimpianto (PGD) in pazienti selezionati che eseguono la fecondazione in vitro; lo scopo è di trasferire in utero solo embrioni che non abbiano anomalie cromosomiche.
Screening prenatale della sindrome di down nella procreazione medicalmente assistita
L’uso dell’inseminazione artificiale è in continua crescita. Questo pone la comunità medica di fronte a nuove problematiche.
Recentemente ad esempio è stato suggerito che i livelli dei markers sierici rilevati nella madre possano essere influenzati dalla procreazione assistita, provocando un elevato numero di risultati falsi-positivi.
Questo è vero particolarmente per le gravidanze gemellari o di ordine superiore, in cui risulta impossibile stabilire il contributo di ciascun elemento nel determinare il livello sierico materno di alfa-feto proteina, estriolo libero e gonadotropina corionica e in cui di conseguenza i metodi utilizzati per calcolare il valore del tri-test o del bi-test sono risultati meno affidabili.
La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che le donne che si rivolgono all’inseminazione artificiale, sono spesso in età avanzata e hanno faticosamente ottenuto una gravidanza che potrebbe anche essere l’ultima; per questo motivo spesso non vogliono sottoporsi al pur limitatissimo rischio di una diagnosi prenatale invasiva, quale l’amniocentesi.
Nelle pazienti che dopo esaustiva e completa informazione sui rischi e sui benefici dell’amniocentesi, persiste comunque un rifiuto ad eseguirla, occorrerebbe spiegare che è più difficile utilizzare i classici metodi di screening biochimico e proporre anche altri parametri per la valutazione non invasiva. Per le gravidanze singole e gemellari è stata proposta una combinazione tra il valore della translucenza nucale e i valori sierici del 2° trimestre che sembra essere più affidabile rispetto alla sola valutazione dei markers sierici. Nel caso delle gravidanze di ordine superiore (trigemine ed oltre) la translucenza nucale si è rivelata essere un parametro utile che oltretutto può essere anche preso in considerazione nel caso di riduzione fetale mirata.
In ogni caso, l’amniocentesi dovrebbe sempre essere presa in considerazione nella procreazione assistita, essendo il metodo di diagnosi prenatale più efficace, anche se è associato ad un rischio che è comunque minimo (circa lo 0,5 %).