La cataratta è una malattia che causa l’offuscamento del cristallino che in maniera progressiva perde la sua trasparenza compromettendo il visus della persona che ne è affetta.
La modificazione della struttura del cristallino, dovuta all’ossidazione delle proteine presenti nella lente, causa la deviazione dei raggi luminosi in più direzioni pregiudicando la capacità di messa a fuoco.
I sintomi fondamentali sono l’annebbiamento della vista e un progressivo aumento della fotosensibilità diventando via via, seppur in assenza di dolore, molto invalidanti per chi ne è affetto.
Le cause della cataratta sono da ricercare nel complessivo processo degenerativo a cui le cellule vanno incontro con il passare degli anni quindi non ci sono cure preventive, anche se, negli ultimi anni studi scientifici hanno messo in correlazione la cataratta con l’assunzione di proteine, si è riscontrato infatti che le diete ipoproteiche rallentino la comparsa della stessa.
Ad oggi non esistono cure farmacologiche per questa patologia, l’unica soluzione a cui ricorrere è rappresentata dall’intervento chirurgico.
L’intervento alla cataratta, che cos’è?
Rappresenta la maggior parte della chirurgia oculare. Consiste nella asportazione del cristallino (la piccola lente sita dietro l’iride) divenuto opaco e nell’introduzione di una lente intra oculare (cristallino artificiale) che lo sostituisca e che eviti di portare poi degli occhiali di potere molto elevato.
Esami pre-operatori
Prima di stabilire la data dell’intervento è opportuno eseguire alcuni esami specifici che permetteranno al chirurgo di accertare quale tipo di lente è più adatta per il caso specifico, per garantire l’esito positivo dell’intervento, ed esami di routine generali per salvaguardare la salute del paziente.
Benchè l’intervento sia poco invasivo e, ad oggi, non richieda più l’anestetizzazione totale del paziente e venga eseguito in anestesia locale, ottenuta per mezzo di colliri, riducendo al minimo i rischi per i pazienti solitamente anziani e quindi frequentemente affetti da patologie cardiovascolari o respiratorie, è bene sottoporre il paziente ad esami del sangue, delle urine ed eseguire una rx toracica per accertare lo stato di salute generale.
Il primo esame specialistico è volto a identificare quale sia l’occhio dominante tra i due, poi si procederà all’esame del fondo oculare per valutare lo stato della retina, l’ecobiometria per valutare la potenza della lente che verrà inserita nella sacca capsulare, l’esame bio-microscopico con lampada a fessura che darà al chirurgo indicazioni sul grado di durezza del cristallino, la tonometria con cui si misurerà la pressione endooculare e, in caso di patologie retiniche, si procederà alla stratigrafia OCT della regione maculare.
Evoluzione dell’intervento alla cataratta
Nuovi impulsi dati dalla ricerca scientifica, insieme alla preparazione dei chirurghi, alle nuove apparecchiature e strumentazioni delle aziende produttrici, ai materiali dedicati (come cristallini artificiali, suture e viscoelastici) hanno contribuito nel cambiamento radicale della chirurgia della cataratta. L’obiettivo è rendere sempre meno invasivo e sempre più sicuro l’intervento alla cataratta, offrendo così un più rapido e funzionale recupero della vista. Si è passati quindi dall’estrazione intracapsulare (estrazione di tutto il cristallino compreso il suo sottile involucro, la capsula) a quella extracapsulare (rimozione del contenuto del cristallino mantenendo in sede la parte posteriore della capsula).
Questo importante cambiamento è stato dettato dall’esigenza di trovare un supporto per il cristallino artificiale (IOL) il più vicino possibile alla sua sede naturale: il risparmio della capsula posteriore lo ha consentito. Tuttavia l’estrazione extracapsulare richiedeva l’esecuzione di un taglio grande (circa 9-10 mm), responsabile di un indebolimento dell’occhio e di un astigmatismo post-operatorio elevato, che costringeva all’uso di lenti spesso mal tollerato dai pazienti. Il passo successivo è stato quindi cercare di ridurre il più possibile l’ampiezza del taglio, cercando di frammentare all’interno dell’occhio il cristallino e di estrarne i piccoli pezzi da una piccola apertura, dapprima con l’aiuto di strumenti appositi (faco-frammentazione manuale); ma la svolta è stata data dalla ideazione e dalla commercializzazione di una apparecchiatura ad ultrasuoni, il facoemulsificatore, in grado di frammentare ed aspirare il cristallino da una piccola apertura. L’evoluzione delle tecniche di facoemulsificazione consente oggi di eseguire l’intervento attraverso un taglio di poco più di 1 mm. Parallelamente è stato necessario riprogettare i cristallini artificiali, passando da lenti rigide, che richiedevano un taglio di 5-6 mma lenti pieghevoli iniettabili attraverso un’apertura di poco più di2 mm.
Un intervento sempre meno invasivo
La ridotta invasività dell’intervento alla cataratta ha consentito di passare dall’anestesia generale alla locale e poi a quella topica, ottenuta con la semplice instillazione di colliri anestetici. Questo tipo di anestesia ha permesso di diminuire fortemente i rischi anestesiologici (l’operato di cataratta è per lo più anziano e spesso portatore di patologie vascolari e respiratorie). E’ diminuito anche il disagio a carico del paziente, consentendo il recupero di una soddisfacente acutezza visiva nell’arco di alcune ore (al massimo qualche giorno), di mantenere l’occhio sbendato, di ridurre l’incidenza di infezioni post-operatorie, di poter svolgere l’intervento ambulatorialmente o in day-surgery, di limitare la terapia a semplici colliri; tutto questo evita di condizionare significativamente le attività dell’operato.
Tecnica chirurgica dell’intervento
La tecnica chirurgica ritenuta attualmente più valida è la facoemulsificazione con impianto nel sacco capsulare di IOL pieghevole in anestesia topica. Dopo aver somministrato il collirio anestetico per alcuni minuti si procede al posizionamento del paziente sul lettino operatorio, alla disinfezione ed alla copertura con telo sterile del campo operatorio. Si applica poi un blefarostato (una molletta che mantiene aperto l’occhio da operare) e si invita il paziente a stare fermo e guardare dritto verso la luce del microscopio operatorio; questo tipo di collaborazione è sufficiente al chirurgo per svolgere in sicurezza l’intervento. Prima di cominciare l’atto chirurgico vero e proprio, è importante eseguire la disinfezione del sacco congiuntivale con Iodopovidone. La nostra tecnica prevede l’esecuzione di un tunnel corneale con accesso temporale di 2 mm; questo tipo di taglio è autochiudente e consente di non applicare punti di sutura al termine dell’intervento. Dopo aver introdotto in camera anteriore un mezzo viscoelastico per evitare lo svuotamento dell’occhio e proteggere la cornea, si esegue la capsulorexis, una apertura circolare continua nella capsula anteriore del cristallino, e l’ idrodissezione per mobilizzarne il contenuto che verrà frammentato ed aspirato con il facoemulsificatore. Una volta rimosso il nucleo, cioè la parte più dura, si procede alla aspirazione delle masse corticali del cristallino ed alla scrupolosa pulizia della capsula posteriore. Si ottiene in tal modo lo svuotamento del contenuto del cristallino con la creazione di un sacchetto vuoto (sacco capsulare) che, dilatato con viscoelastico, accoglierà il cristallino artificiale.
Le ultime fasi dell’intervento di cataratta consistono nell’aspirazione del viscoelastico e nell’idro-sutura. Il paziente potrà quindi tornare al proprio domicilio dopo circa 30 minuti dalla fine dell’intervento. Potrà camminare, leggere, guardare la televisione ed il computer. Dovrà eseguire scrupolosamente seguire la terapia prescritta dal chirurgo ed evitare di toccare o di far giungere alcuna sostanza (anche l’acqua del rubinetto) nell’occhio operato per alcuni giorni (a tale scopo userà una conchiglia protettiva durante la notte); queste precauzioni sono fondamentali per limitare la possibilità di un’infezione post-operatoria. La visita di controllo avviene il giorno seguente e se, come di norma avviene, il decorso è normale, si rivede l’operato dopo 20-30 giorni.
Solitamente il cristallino artificiale inserito (il cui potere viene calcolato prima dell’intervento con un esame: biometria ottica o biometria ad ultrasuoni) consente di ridurre fortemente, ed in alcuni casi di eliminare completamente, il potere degli occhiali per lontano (o per vicino a seconda di quanto concordato precedentemente tra il chirurgo ed il paziente). Negli ultimi anni la ricerca è rivolta verso il perfezionamento di cristallini artificiali che consentano una buona messa a fuoco sia per lontano che per vicino; sono attualmente in commercio IOL toriche, che consentono di correggere l’astigmatismo, IOL accomodative (che in alcuni casi permettono anche una buona visione per vicino) e IOL diffrattive, che danno alla maggior parte dei pazienti un buon compromesso visivo per lontano e vicino. Sono oggi a disposizione del chirurgo oftalmico cristallini artificiali in diversi materiali: acrilico idrofobo, acrilico idrofilo, silicone, ciascuno dei quali ha vantaggi e svantaggi rispetto all’altro.
Noi preferiamo inserire IOL pieghevoli acriliche idrofile con ottica asferica, con un particolare iniettore che consente l’inserzione della IOL attraverso un taglio di2.2 mm. Esse contengono anche un cromoforo che filtra le frequenze luminose più dannose per la retina (radiazioni UV, viola e blu cobalto), garantendo una maggiore protezione nei confronti della degenerazione maculare. L’ottica asferica è responsabile di una migliore qualità visiva in quanto sopperisce alle aberrazioni che i raggi luminosi subiscono nell’attraversamento della parte periferica della lente intra-oculare.
Di solito il paziente operato con la tecnica descritta (facoemusificazione di cataratta con impianto di IOL pieghevole nel sacco capsulare in anestesia topica) ha un rapido recupero visivo, minimi fastidi intra e post-operatori, può tornare presto alle sue attività quotidiane. Tuttavia a volte si possono avere: saltuari arrossamenti visivi, sensazione di corpo estraneo, visione di “macchie” o di “mosche volanti” (il più delle volte dovute ad alterazioni preesistenti del vitreo, non percepite prima a causa della presenza della cataratta). E’ possibile che residui un vizio refrattivo, correggibile con occhiali, dovuto ad errore nel potere del cristallino artificiale; infatti il calcolo della IOL può risentire di errori della biometria in occhi particolari, soprattutto miopi ed ipermetropi elevati o in presenza di alcune patologie. Le complicanze intra-operatorie sono molto ridotte in presenza di un chirurgo esperto: rottura della capsula posteriore, per cui è necessario posizionare la IOL in una sede diversa (nel solco ciliare o in camera anteriore), emorragia espulsiva, grave e rarissimo evento che può seriamente compromettere la funzionalità visiva.
Fase post-operatoria dell’intervento
Come si può evincere l’intervento non è particolarmente complicato e anche la fase post-operatoria non richiede particolari accorgimenti, anche se è necessario seguire scrupolosamente i consigli del medico per garantire un totale recupero e scongiurare infezioni.
Il medico prescriverà di norma due colliri da applicare nell’occhio operato per circa 4 volte al giorno.
Nelle prime due settimane si applicherà un collirio antibiotico, seguito da un ciclo di 14 giorni a base di collirio antinfiamatorio.
La durata della terapia farmacologica coprirà un periodo di un mese dalla data dell’intervento.
Oltre a tale prescrizione il medico consiglierà di attuare alcuni comportamenti che premetteranno un più rapido recupero, tra cui indossare occhiali da sole durante l’esposizione alla luce e applicare una protezione in plastica durante la notte per proteggere l’occhio da eventuali traumi e dalla polvere, e sottolineerà l’importanza di evitare che l’occhio venga a contatto con sostanze irritanti come saponi, trucchi o tinte per i capelli.
Le complicanze post-operatorie, anch’esse molto rare, sono: l’endoftalmite, grave infezione del bulbo oculare, il distacco di retina (in occhi predisposti), l’uveite (infiammazione dell’uvea), glaucoma (aumento della pressione dell’occhio). E’ infine importante segnalare che frequentemente, a distanza di tempo variabile dall’intervento) si ha una opacizzazione della capsula posteriore del cristallino, lasciata integra per conservare il sacco capsulare (cataratta secondaria); a ciò fa riscontro un annebbiamento visivo, facilmente risolvibile con l’esecuzione ambulatoriale di una capsulotomia con lo YAG-laser (consiste nell’esecuzione di una piccola apertura nella zona pupillare della capsula posteriore con il laser, senza necessità di dover riaprire l’occhio). Negli ultimi tempi si sta cercando di applicare alla chirurgia della cataratta la tecnologia laser a femtosecondi, che consente di eseguire in modo ripetibile alcune fasi dell’intervento. Attualmente questa metodica non dà vantaggi concreti ad un chirurgo esperto, ma è ipotizzabile che in un futuro non molto lontano possa divenire la tecnica di riferimento per la chirurgia della cataratta.
Anticipare l’intervento di cataratta, sì o no?
L’intervento alla cataratta è, nella maggior parte dei casi, la soluzione più efficace e definitiva contro questo disturbo che, come è noto, colpisce una gran parte di anziani e rappresenta un progressivo aumento della distorsione della vista: se non trattata, la cataratta può condurre a cecità ed è quindi necessario, nella maggioranza delle situazioni, intervenire.
Va tuttavia detto che quando parliamo di questa patologia, in genere pensiamo ad un problema che si riferisce all’essere umano anziano o comunque di mezza età; tuttavia, l’intervento di cataratta è un’operazione che sempre più persone fanno precocemente, anche prima dell’età avanzata, sostituendo il cristallino prima che si sia verificata la problematica della patologia. Il cristallino è quella lente interna all’occhio, trasparente, che permette di riflettere i raggi sulla retina, dandoci la capacità di vedere in maniera chiara le immagini che si presentano ai nostri occhi; se, per una questione di età o per un difetto congenito – come avviene in quella neonatale – la visione delle cose non ci è permessa, il cristallino si opacizza e va trattato con una operazione chirurgica.
Ma perché questa operazione viene anticipata? Quali sono le motivazioni per cui l’intervento chirurgico di cataratta viene sempre più spesso fatto prima dei 60 anni? E soprattutto, che senso ha anticipare le normali tempistiche?
Secondo quanto è stato dichiarato nel Congresso internazionale “Videocatarattarefrattiva 2015”, si può intervenire con questo trattamento, ma non prima dei 50 anni; in effetti, questa è un’età in cui si possono verificare dei peggioramenti alla vista che, seppur non dovuti alla cataratta, possono comunque rappresentare un problema perché si vede meno, a causa della presbiopia o per altri motivi, o in maniera offuscata ed annebbiata.
In questi casi ha senso intervenire, ed il trattamento di intervento può avvenire con due modalità: da un lato, si può utilizzare il laser a eccimeri (detto Lasik), ma per contrastare la sindrome del cristallino disfunzionale – che è una patologia che riguarda l’invecchiamento del cristallino – è sicuramente meglio intervenire, con un vero e proprio intervento di cataratta, ovvero con la sostituzione del cristallino.
Anche se la cataratta non si è ancora presentata, potrebbero essersi presentati i primi sintomi, come opacità, oscuramento delle immagini, difficoltà di accomodazione, dovute alle prime fasi di presbiopia: a questo punto, quindi, per ripristinare una corretta visione, potrebbe essere necessario sostituire il cristallino risolvendo, con un’unica operazione, sia il problema relativo alla lente sia quello refrattivo. Se interveniamo con il solo laser, infatti, dovremo intervenire due volte: la prima con il laser, e la seconda con l’intervento vero e proprio. Il che, ovviamente, potrebbe essere stressante ed inutile: pertanto, ha senso anticipare l’intervento di cataratta laddove questa operazione sia necessaria o comunque potrebbe esserlo in futuro, e laddove si presentino i sintomi relativi ad una presbiopia che potrebbe in futuro trasformarsi in cataratta.
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